mercoledì 28 settembre 2011

Come dare l'ultima mazzata alla città pubblica di Leonardo Bertelli

Tra i compiti affidati ad alcuni assessori, cosi come risulta dalla recente “ristrutturazione” della Giunta Comunale e come risultava dal precedente assetto, ve ne sono due che meritano una attenta riflessione : valorizzazione del patrimonio comunale e marketing territoriale, e che, se non opportunamente chiariti appaiono finalizzati solo ad una futura commercializzazione di beni pubblici.
Il termine “valorizzazione” finalizzato alla alienazione di un patrimonio pubblico era già comparso nell'accordo di programma con l'azienda USL 6 per acquisire fondi destinati alla costruzione di un inutile e dannoso, a nostro parere, nuovo ospedale in località Montenero basso.
Non è una novità quella della eliminazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso varie procedure quasi sempre in contrasto con la pianificazione territoriale ; né, in tempi di predominio della cultura liberista contraria a qualsiasi sorta di pianificazione, l'andazzo è sorprendente. La vecchia urbanistica, che rivendicava l'indispensabile legame, nel piano regolatore, fra esistenza di riserve immobiliari di proprietà pubblica e possibilità effettiva di attuare il piano ( e teorizzare di pianificazione non illusoria) è stata sconfitta.
La pratica odierna è coerente con la supremazia politica della destra e con la debolezza della sinistra, se non della sua rinuncia ai propri modelli che ne giustificherebbero l'esistenza stessa.
Tuttavia sorprende, della sinistra, l'assoluta mancanza almeno di un contrasto, di una qualche barriera alla smaccata liquidazione, totale in prospettiva, del demanio pubblico ad ogni livello istituzionale. Purtroppo lo stesso principio di “privato è bello” si è introdotto non furtivamente fra i suoi ideali.
Penso agli anni fra i cinquanta ed i sessanta del secolo scorso. Erano i Comuni allora detti “democratici”, in accordo con i progettisti di sinistra o da questi sollecitati, a voler preservare la proprietà pubblica di suoli e di edifici destinati a funzioni sociali e culturali o a residenza (case comunali, dell'IACP e di altri istituti); nei casi migliori a volerla aumentare mediante precise indicazioni nel piano urbanistico non solo dei servizi singolarmente definiti, ma anche di aree a una nuova esplicita destinazione appunto a riserva demaniale.
Ora tutto questo è sepolto nella memoria di pochi e nessuno nel centrosinistra ma nemmeno nel residuo della sinistra si sognerebbe di proporre, anziché alienazioni, incremento di demani statali e locali.
Non solo lo Stato immagina di far cassa vendendo caserme, castelli e spiagge o di trasferire questi beni agli enti locali (“federalismo demaniale”) che provvederanno alla loro commercializzazione, ma anche gli enti locali stanno provvedendo per conto loro a vendere se stessi.
E' all'interno di tali procedure che è leggibile l'affare “Ceschina” (costruzioni all'interno di un area boscata destinata a verde pubblico), ma l'operazione più preoccupante e destabilizzante è quella che riguarda la valorizzazione e vendita del patrimonio immobiliare dell'AUSL 6, così come risulta dall'Accordo di Programma, sia quello parcellizzato in ambito urbano (i nove distretti esistenti e due unità immobiliari), sia quello costituito dalle enormi superfici e volumi dell'attuale presidio ospedaliero (più di undici ettari) e dell' attuale sede amministrativa (villa Rodocanacchi circa otto ettari), quest'ultima particolarmente disturbante in quanto area collinare,verde, attualmente usata come parco.
Nessuno può sapere quale sarà il destino urbanistico ed edilizio di questo violento passaggio dalla città pubblica alla città privata, se non che si assisterà all'ennesima vicenda disastrosa dal punto di vista degli interessi sociali cittadini. Nessuna condizione, nessun vincolo sulla destinazione futura e sulle trasformazioni fisiche regola le vendite. Nella situazione economico finanziaria attuale gli enti pubblici non hanno possibilità di di acquisto, ma anzi fanno cassa con le vendite per pareggiare i bilanci. E gli immobiliaristi, grandi, medi, e piccoli si sentiranno sempre più liberi, col ringraziamento dell'autorità pubblica, di continuare e portare a compimento il programma di appropriazione della città, dunque anche di abolizione di quel sentimento di comunanza urbana vantato dagli abitanti e concretizzabile solo negli spazi pubblici.

Leonardo Bertelli dell' O.T.U.
(traendolo da un analogo scritto di L. Meneghetti in “eddyburg”)