giovedì 29 dicembre 2011

Livorno: il Piano Strutturale che paralizza? di Paolo Gangemi

Strano il gruppo dirigente che gestisce da anni la città, dopo mesi di discussione si accorge che i tempi per un nuovo PRG sono normalmente abbastanza lunghi. Dopo aver prodotto un volume sulla revisione del Piano, confuso quanto inutile, dopo essersi divisi sulle previsioni, sul nuovo Ospedale o sulla Ceschina, con crisi di Giunta settimanali, oggi scopre che è difficile approvarlo entro la fine di questo mandato.
Anche il giornale locale ci mette del suo: “la mancata approvazione del Piano paralizza la città!!!”
La città è paralizzata dai diversi interessi che in giunta si scontrano, e qualche volta si annullano a vicenda, impedendo nei fatti all’amministrazione comunale di svolgere il suo ruolo, (che è difficile in questa grave crisi economica), affrontare e scegliere i nodi che stanno alla base del declino economico e sociale di Livorno.
Sono trascorsi solo 12 anni dall’approvazione dell’attuale Piano Strutturale, non molti per uno strumento urbanistico; la città purtroppo è profondamente mutata per interventi dannosi e speculativi realizzati in questi anni, in parte previsti nella pratica di contrattazione per le aree di trasformazioni e in parte frutto di continue varianti.
15mila alloggi costruiti hanno consumato suolo senza risolvere gli obbiettivi di rispondere alla domanda abitativa, visto che oggi abbiamo 7000 case vuote, 1000 sfratti per morosità incolpevole e più domane per un alloggio popolare.
Porta a Mare: distrutto lo storico cantiere navale in cambio di un’attività ridimensionata e incerta, abbandonato il bacino di carenaggio e le riparazioni navali, uffici e case per un porto turistico che non si realizza, e grandi guadagni per Benetti, non si vedono i benefici per la città.
Porta a Terra: i nuovi ipermercati ha ridotto le capacità del centro commerciale storico che oggi si tenta di salvare, ma la chiusura di tutti i cinema cittadini per far posto ai parcheggi di un centro che si vorrebbe pedonalizzare, significa desertificazione quando si spengono le luci dei negozi.
Nuovo Centro: dopo le poetiche fantasie dell’architetto Cagnardi che immaginava un percorso verde dalle colline al mare ci ritroveremo con un nuovo grande punto vendita e nuova cementificazione.
Montenero e Salviano2 negazione della previsione di preservare le aree precollinari.
La lista potrebbe continuare con altri interventi come l’infelice spostamento degli uffici finanziari nella Torre del Piazza, e il permesso di cambio di destinazione per gli ex immobili del Ministero del Tesoro, svenduti dal governo agli amici del quartierino, o la tragica vicenda delle Terme del Corallo: tra le tante cose non si comprende perché mai il palazzo delle Terme di Via Orosi è stato dato in regalo a Bottoni rinunciando ad una proprietà immobiliare che avrebbe fatto guadagnare la collettività e non solo l’imprenditore di riferimento (dopo la stagione della Polo e di Saporito)insieme a Bellabarba.
Tutto questo mentre in dieci anni sono andati perduti 10mila posti di lavoro nelle attività cantieristiche, portuali e industriali.
Servirebbe un Piano strutturale RIPARATORE che cambi marcia e direzione e invece si utilizzano ancora le emergenze in modo strumentale: il degrado di Piazza Grande, il Traffico urbano, il polo sportivo e l’abitare sociale, per motivare nuove edificazioni assecondando gli appetiti speculativi della rendita fondiaria che non producono lavoro duraturo e riducono i servizi comuni.
Nel 1999 avevamo chiesto che la zona di Fiorentina rientrasse nei piani di recupero, come quella del quadrilatero di Via Ademollo della quale oggi nessuno parla.
Polo sportivo della Ceschina? Sarebbe molto meglio affrontare globalmente gli attuali problemi degli impianti che rischiano il fallimento (come quello della Bastia), e offrire una maggiore offerta pubblica in tema di attività sportive diffuse e popolari.
Occorre che si costituisca in città una forte discussione sul futuro economico e sociale, avendo come riferimento il bene collettivo e la ricerca di lavori socialmente sostenibili, forse l’ultima occasione per una città destinata a restare senz’anima, circondata da impianti nocivi e da discariche. Questa è l’unica positiva scommessa per il PRG. Purtroppo da come è stato impostato il bando di concorso per affidare la redazione del nuovo strumento urbanistico, c’è poco da sperare.
Paolo Gangemi Circolo Centro RIFONDAZIONE COMUNISTA
Livorno 30 dicembre 2011

giovedì 1 dicembre 2011

PIANO STRUTTURALE DI LIVORNO di Daria Faggi dell’Osservatorio trasformazioni urbane

Il concorso per la redazione del Piano, ha suscitato molte polemiche, sarebbe meglio iniziare bene e in modo trasparente. Per esempio il sindaco o il suo ufficio di urbanistica ci potrebbero comunicare intanto quanto si è realizzato del piano vigente: quante abitazioni, servizi, strutture per il commercio e il turismo, ecc.. rispetto alle previsioni. Nessuno finora ha fatto il punto della situazione.
Delle linee guida ho apprezzato che si affermi la volontà di porre un freno all'espansione dei quartieri residenziali, ma per il resto regna la massima confusione sia per quel che riguarda la strutturazione del porto, le vocazioni economiche della città, sia per il risanamento ambientale, lo sviluppo di energie rinnovabili, la pedonalizzazione di ampie aree del commercio nel centro e quanto altro.
Il nuovo piano dovrà fare i conti con i problemi creati da anticipazioni avventurose ed estemporanee come la nuova localizzazione dell'area ospedaliera, dalle terribili condizioni economiche della città, individuando un nuovo modo per creare benessere, al di fuori di un acritico aumento di consumi tra l'altro assai improbabile.
Per fare tutto questo serve un professionista con max esperienza di pianificazione di comuni medio grandi (chiaramente due piccoli sommati non ne fanno uno grande). Se si considerano titoli di merito anche i lavori di progettista di costruzioni (questione opinabile) interessa forse di più sapere se oltre a condomini per abitazione i concorrenti hanno costruito anche scuole, ospedali, complessi industriali, aeroporti, se hanno vinto concorsi e se le loro opere sono state pubblicate su riviste accreditate di architettura. Al posto di questi requisiti si richiede un fatturato minimo. E’ normale che faccia discutere.
In effetti le condizioni stabilite nel bando, non garantiscono più di tanto le qualità professionali necessarie.
Sono convinta che invece la precondizione per avere un buon risultato è l'indiscussa autorevolezza dell'urbanista incaricato/a alla stesura del piano. Perché le pressioni degli interessi privati pesano in milioni di euro sul PRG e dunque sono assai pericolose; la pianificazione diventa l'occasione per valorizzare aree o edifici e per fare marketing territoriale. Insolera stimato urbanista, lasciò sdegnato Livorno, quando il suo piano a crescita zero fondato sul recupero dell'esistente fu snaturato dalla variante Leccia. Il resto è storia recente: l’abitare senza qualità si è diffuso come un cancro.
Adottare un progetto serio di partecipazione diretta dei cittadini garantirebbe meglio il pubblico interesse, per una città più vivibile con più servizi e meno inquinamento. I metodi ormai collaudati di composizione creativa del conflitto, possono trasformare la diversità delle idee in ricchezza.
Invece del tutto e subito, dettati dal profitto e dalle rendite, si potrebbe scegliere un’economia dolce, proiettata verso il futuro, fondata soprattutto sul recupero ambientale (messa in sicurezza antisismica degli edifici storici, rimboschimento della città, creazione del sistema di parco collinare e marittimo, cura e ripiantumazione delle colline, rilancio delle coltivazioni di qualità, riciclo dell’approvvigionamento energetico in favore dell’energia pulita e rinnovabile, raccolta delle acque piovane, monitoraggio e messa a regime delle canalizzazione naturali e artificiali, dei fossi e botri, dragaggio dei letti dei torrenti e delle foci a mare…) si avrebbe un doppio risultato quello di avere una città armoniosa, sociale e pulita e tanti posti di lavoro in più, utili e destinati a durare nel tempo.
Costruire e abbandonare l’esistente è stata la scelta fin qui adottata e i risultati si vedono: una Livorno senza più disegno riconoscibile e grande crisi del settore delle costruzioni, dopo l’abbuffata.
Certo bisogna uscire dallo spirito dei tempi, della privatizzazione di tutto, dal sistema sanitario alla scuola, dalle energie alla raccolta dei rifiuti. E’ una scorciatoia per chi non sa dare risposte alla crisi di sistema, e che ci ridurrà sempre più poveri, e con il paese spogliato, dopo il saccheggio e la rapina a scopo di profitto, di tutti i beni comuni. Chissà cosa ne pensa l’assessore Grassi che è un economista e che ha il timone del nuovo PRG.
Daria Faggi dell’Osservatorio trasformazioni urbane
Livorno 30 novembre 2011