giovedì 31 marzo 2011

Effetto Venezia compie 25 anni: troppo giovane per finire. di Daria Faggi

Era il 1986, quando ebbe inizio la prima edizione di Effetto Venezia: nacque senza mezzi e (secondo la maggior parte degli amministratori locali) senza futuro, inventata dall’assessore all’Annona Nicoletti, messa in piedi con l’aiuto di qualche bottega storica del quartiere e dalla Compagnia Portuali, che a quei tempi era l’ancora di salvezza di tutti.
Nella realizzazione un po’ raffazzonata, l’illuminazione con torri faro, spesso impietosa, metteva in mostra e alla gogna l’abbandono in cui era stato lasciato il quartiere più bello di Livorno, il suo vero cuore, superstite delle distruzioni belliche, capace ancora di testimoniare l’antica grandezza commerciale di Livorno.
Riuscì a compiere il miracolo; quello di convincere che la Venezia doveva risorgere, andava risanata e restaurata, insieme ai suoi fossi, ai ponti alle fortezze ai suoi isolati.
Bisognerebbe non dimenticare mai il senso e lo scopo profondo dell’operazione.
Proprio in quel periodo, insieme al piano di recupero, parte essenziale del PRG di Isolera, si cominciò a promuovere l’idea di un vero grande porto turistico nel Mediceo, (abbandonando l’ipotesi del porticciolo Marina alla Bellana) con ben altri di spazi e grandi possibilità di aree di servizio a terra, rispetto all’altra collocazione.
I rischi di questa lucrosa trasformazione furono ben chiari da subito: l’ipotesi di spostare il varo delle navi allo scalo Morosini, nasceva dalla volontà di salvare il cantiere Orlando.
Purtroppo il cantiere non si è salvato e nemmeno l’idea del nuovo uso turistico del Mediceo è andata in porto: con tutte le case (non previste) costruite al posto dei servizi, è oggi impossibile o quasi reperire a terra, aree sufficienti per gli standard previsti per un porto di prestigio internazionale nel mediterraneo, e dunque finirà declassato ( come già si intravede) a parcheggio di barche o a porticciolo di bassa categoria.
Forse né l’Assessore Picchi né il Sindaco Cosimi sanno che la classificazione dei porti turistici, dipende dagli standard di servizio alla nautica disponibili, a cominciare ai parcheggi fino al rimessaggi, approvvigionamento di combustile e pezzi d ricambio, alberghi, ristoranti, etc.
Al posto di queste opere sono state progettate 300 abitazioni del tutto inutili, in una città che ha già più di 8000 case sfitte.
Come si può ben capire, l’attuale Porta a Mare è un vero danno per lo sviluppo della città futura.
Uno spreco terribile difficilmente rimediabile, ma molte cose si possono ancora e si debbono fare: a cominciare dal recupero (interrotto) della Fortezza Vecchia e Nuova, del forte San Pietro, dei Fondaci, e soprattutto dei percorsi che oggi collegano malissimo il quartiere con il Forte del Sangallo, assediato da un informe piazzale, ingabbiato in reti da pollaio, davvero indecenti.
Effetto Venezia muore, certamente per i tagli scellerati della destra di governo che mortifica la cultura, ma anche per l’insipienza del governo locale, che non riesce mai a concepire le trasformazioni della città come operazioni di largo respiro e non come episodi di operazioni speculative, perché ai nostri amministratori manca la cultura urbanistica.
Esito paradossale per una città che fu giustamente famosa nei secoli scorsi, per lo splendido impianto urbanistico, più che per singole opere di architettura.
Proprio per questo, nonostante tutto, Effetto Venezia va salvato.
Potrebbe essere meno mercatino rionale (nel senso di liberare le spallette dei fossi concentrando in una piazza tutte le bancarelle) offrendo in alternativa occasioni culturali gratuite, incontri e riflessioni su un progetto partito umilmente ma ricco di utopia, che si è arenato dopo essersi trasformato in una festa di quartiere cultural-commerciale, di indubbio interesse ma dimentica dei grandi obbiettivi dell’esordio.
L’Effetto Venezia di quest’anno potrebbe diventare soprattutto occasione di discussione su quanto è stato realizzato nelle trasformazioni urbane, e per il rilancio del sistema porto, quartiere, mura, fossi fondaci, fortezze, per continuare l’operazione di recupero urbanistico e architettonico.
Riaccendere le luci, ma soprattutto la partecipazione: riflettere insieme e socializzare le proposte produce ricchezza, e costa poco.
Al resto possono pensare, come all’inizio, i locali di ristorazione e tempo libero, i circoli culturali, le associazioni a cui non manca la fantasia.
Daria Faggi
dell’Osservatorio Trasformazioni urbane
Livorno 31 marzo 2011

mercoledì 30 marzo 2011

“La città futura” di Leonardo Bertelli

“La città futura”


Per cominciare due citazioni : il titolo, che è il nome della rivista pubblicata nel 1917 da Antonio Gramsci, in cui è presente l'articolo “Contro gli indifferenti” che consiglio a tutti di cercare e leggere o rileggere ; la seconda meno conosciuta che qui trascrivo “ Non c'è nulla che non possa essere cambiato da una consapevole e informata azione sociale, provvista di scopo e dotata di legittimità. Se la gente è informata e attiva e può comunicare da una parte all'altra del mondo; se l'impresa si assume le sue responsabilità sociali; se i media diventano i messaggeri piuttosto che il messaggio; se gli attori politici reagiscono al cinismo e ripristinano la fiducia nella democrazia; se la cultura viene ricostruita a partire dall'esperienza; se l'umanità avverte la solidarietà intergenerazionale vivendo in armonia con la natura; se ci avventuriamo nell'esplorazione del nostro io profondo, avendo fatto pace fra di noi; ebbene, se tutto ciò si verificherà, finchè c'è ancora tempo, grazie alle nostre decisioni informate, consapevoli e condivise, allora forse riusciremo finalmente a vivere e a lasciar vivere, ad amare ed essere amati.”1
Una terza citazione è tratta dal programma elettorale del Sindaco :
“insieme per governare il cambiamento...., superamento di una visione gerarchica..., idea della partecipazione come motore di cambiamento..., i cittadini non più solo destinatari delle azioni di governo, ma essi stessi azioni di governo..., la partecipazione si evolve a strumento per costruire e mantenere i legami sociali, per riaffermare e difendere una visione comunitaria del territorio...., Livorno “città della partecipazione”
Questi pensieri e questi intenti esprimono al meglio quanto è giusto e necessario per una alternativa di governo democratico.
La revisione del piano strutturale del territorio comunale ha la finalità di stabilire le grandi direttrici strategiche (economiche, sociali, territoriali) che orienteranno nei prossimi anni tutti gli interventi di trasformazione e conservazione dei luoghi, nonché le tutele ed i vincoli da applicare alle diverse porzioni di territorio in relazione alle loro caratteristiche morfologiche, ambientali, paesaggistiche e alle loro qualità storiche e culturali.
Questo disegno avrà un forte impatto sulla vita quotidiana e sulle relazioni sociali dei cittadini; proprio per questo riteniamo che la cittadinanza debba essere informata e interpellata e che il dialogo verta non sull'astrattezza dei progetti, ma sui veri bisogni e sulle aspettative di benessere e di qualità della vita espressi che costituiscono il primo obbiettivo di una amministrazione comunale e sui quali vanno disegnati i piani di sviluppo e di governo del territorio .
Un processo partecipativo non si compie proponendo scelte già fatte con cui si può solo assentire o dissentire. Si fa coinvolgendo dall'inizio la cittadinanza con un metodo di lavoro chiaramente esplicato e perseguito.
Possiamo intendere la partecipazione come elemento fondante di una ricerca di rifondazione della democrazia reale non meramente rappresentativa, possiamo intendere la partecipazione come il lavoro per far entrare nella democrazia (il vigente sistema di governo) nuovi diritti, nuovi soggetti sociali finora esclusi dal processo delle decisioni o marginali rispetto a tale processo, soggetti sociali portatori di nuovi interessi, di nuovi bisogni, di nuove ricchezze (interiori, di idee), di nuovi valori, ma in ogni caso, per avviare la revisione dello strumento urbanistico, appare necessario promuovere la costruzione di un modello di partecipazione che possa dare permanenza al ruolo della democrazia diretta nella vita politica ed amministrativa locale.
Già durante il dibattito sul referendum per la localizzazione del nuovo Ospedale, il Sindaco aveva promesso (verbalmente e sulla stampa) che la revisione del Piano Strutturale sarebbe avvenuta con modalità partecipative. A ciò si aggiunga che il Comune di Livorno è stato tra le prime amministrazioni della Toscana a firmare il protocollo d'intesa con la Regione nel rispetto della legge regionale per la partecipazione dei cittadini ( n° 69/2007) . Come ha scritto Hannah Arendt : “Rimedio all'imprevedibilità, alla caotica incertezza del futuro, è la facoltà di fare e mantenere delle promesse” cioè di progettare coraggiosamente il futuro.
Da una attenta lettura della deliberazione consiliare n° 51 del 15/04/2009 “Lineamenti guida per l'avvio del procedimento di revisione del Piano Strutturale” e dal più recente corposo documento del 18/01/2011 “Verso la revisione del Piano Strutturale – L'idea di città e le politiche d'intervento “ non è possibile ricavare alcuna indicazione di proposta e sviluppo di processo partecipativo, salvo sei parole nella penultima pagina trattando i temi dell'ambiente.
Ma allora, visto l'evolversi degli avvenimenti, quanto enunciato dal Sindaco nel programma resta solo un elenco di buone intenzioni, non certo linee di governo su cui orientare la propria azione amministrativa, non una sorta di patto con i cittadini, non un contenitore di idee appetibili per attirare gli elettori da abbandonare quando non servono più, specchietti per le allodole !
Governare il territorio con equità e partecipazione ha bisogno di tempo e di ascolto. Se l'Amministrazione vorrà, come ha promesso, intraprendere questa strada potrà contare su molti cittadini disposti a seguirla ed appoggiarla. Altrimenti prevarrà la sfiducia, la collera e l'indifferenza.


Leonardo Bertelli
(per l'Osservatorio Trasformazioni Urbane)