domenica 20 febbraio 2011

Ignazio Monterisi per i Cittadini Ecologisti commento di recenti asserzioni dell’assessore regionale all’urbanistica e in esito al depotenziamento ..

Livorno 10.2.2011
A commento di recenti asserzioni dell’assessore regionale all’urbanistica e in esito al depotenziamento del trasporto pubblico il comitato promotore del referendum, nell’intervento pubblicato dal Tirreno il 30 gennaio, si è posizionato su generiche petizioni di principio verso il Piano Strutturale e l’ubicazione dell’ospedale; guardando più avanti, la Rete delle associazioni di sinistra Vertenza Livorno, con le sue scelte, vuole consolidare l’orientamento popolare contro gli sprechi del trasferimento a Montenero Basso, arcor più recriminabili dopo la notizia -guarda caso, diffusa solo a votazione avvenuta!- del ricorso del Comune ad alienazioni patrimoniali, per difficoltà di bilancio.
In più, le disavventure del nuovo distretto sanitario di Salviano sia viarie (lavori di accesso da via dei Pelaghi non ancora terminati) che elettriche (sette mesi di alimentazione con il generatore a gasolio arrivati a costare più della metà delle spese referendarie) hanno dimostrato che non meno perspicace era stato il dubbio sulla capacità degli uffici comunali di gestire il complesso intreccio tra alienazione del patrimonio sanitario dismesso, adattamenti funzionali in viale Alfieri, progressione dei lavori a Montenero, rivoluzionamento della viabilità.
Di fronte a tutto ciò e all’esito del megasondaggio referendario, che ha messo a nudo la desolante frattura tra cittadini ed istituzioni politiche sindacali associative –con buona pace del direttore dell’Asl che si è attribuito il consenso dei non votanti- abbiamo provato a dettagliare con l’assistenza di tecnici edili e sanitari l’ipotesi di ristrutturazione-ampliamento dell’ospedale storico, nei cinque punti successivi, credendo di essere riusciti a confutare gli argomenti principali dell’Amministrazione, l’impossibilità di raggiungere in viale Alfieri standard accettabili e il grave disagio all’attività sanitaria nel corso dei lavori:
1°) costruzione, dietro il pronto soccorso, di un monoblocco di 250-300 posti letto sull’area dell’edificio a due piani adibito a farmacia, magazzino medicinali e laboratorio analisi. Insieme ai limitrofi padiglioni 8° 9° 11° e ai reparti Utic e rianimazione della palazzina del pronto soccorso si raggiunge il numero di letti programmati per Montenero, raccolti nello spazio –si può dire- di un fazzoletto e a venti metri dal pronto soccorso;
2°) chi si straccerà le vesti, per la demolizione dell’edificio di recente costruzione della farmacia ed annessi, mediti sul ben più consistente abbattimento programmato del RSA Pascoli capace di 200 ospiti! Inoltre, con l’accesso diretto da via Del Corona, unitamente all’erezione di barriere fonoassorbenti e a filtri antipolvere, vengono ad essere di molto ridotti i disagi alle attività sanitarie;
3°) agli uffici direzionali sarebbe confermata la sistemazione nel palazzo centrale su viale Alfieri, (abbandonando Monterotondo agli appetiti edificatori), mentre il primo padiglione manterrebbe la destinazione ad hospice. E forse, esaudite tutte le occorrenze sanitarie quali l’ospedale di comunità e la riserva di letti in un periodo di transizione, diventa proponibile un futuro diradamento edilizio a vantaggio di nuovi polmoni verdi nel perimetro ospedaliero;
4°) è sempre apparso pretestuoso l’argomento di assenza di parcheggi, sollevato durante la campagna elettorale attraverso l’occultamento dei 300 nuovi posti complessivi in via Del Corona e piazza Maria Lavagna. In molti hanno già ricordato la disponibilità dei due capannoni in via della Meridiana;
5°) il progetto potrà essere esteso alla riqualificazione dell’intero megaisolato tra viale Carducci, viale Alfieri, via Gramsci e via Del Corona: spostamento dell’accesso al pronto soccorso e nuovi ingressi all’ospedale e al parco Pertini, il cui anfiteatro è adattabile ad eliporto notturno per sicurezza degli atterraggi e rispetto del riposo, risolvendo obiezioni ricevute nel corso dei volantinaggi referendari..
Per mezo dei quali abbiamo colto gli umori di centinaia e centinaia di livornesi, nell’attaccamento a tradizioni amate, contro le megalomanie tipo Ponte sullo Stretto, che in sostanza servono a spostare risorse dai consumi famigliari alle grandi holding finanziarie, e a favore di una incipiente sobrietà ecologica con uso più accurato di risorse da distribuire equamente verso molti servizi.
Ignazio Monterisi per i Cittadini Ecologisti

mercoledì 2 febbraio 2011

DOCUMENTO A CURA DEL GRUPPO DI CONTINUITA’.

DOCUMENTO A CURA DEL GRUPPO DI CONTINUITA’.
OSSERVATORIO TRASFORMAZIONI URBANE – LIVORNO
URBANISTICA PARTECIPATA
Per delineare gli elementi fondativi di una nuova urbanistica partecipata, l’OTU è partito da alcuni presupposi condivisi: esistono nei servizi delle regole di efficienza e non di mercato; un servizio pubblico ha finalità che non sono mai riconducibili al massimo profitto dovendo garantire, a parità di risorse, la massima efficacia sociale.
Invece oggi sempre di più prevalgono logiche di gestione privatistica di beni di interesse pubblico, che hanno conseguenze dirette sulla qualità di vita delle persone: stiamo assistendo al saccheggio delle parti più pregiate del nostro comune, da parte di speculatori “palazzinari” e alla vendita –svendita degli immobili che dovrebbero costituire un patrimonio indisponibile per la loro importanza strategica.
Ricordiamo che uno dei compiti principali della pianificazione è quello di promuovere il rispetto del paesaggio e la corretta salvaguardia delle testimonianze storiche per ridisegnare in modo armonioso e equilibrato una città che sia spazio pubblico e democratico, condiviso dalla comunità che vive nel territorio e se ne prende cura, essendo investita dalla responsabilità di partecipare alle scelte.
Fare urbanistica partecipata è, dunque, una necessità per arrestare il degrado civile-morale-materiale dell’ambiente in cui viviamo ed uno strumento potente per rivitalizzare il senso e la pratica della cittadinanza.
Per farla, occorre che, prima della redazione del nuovo piano, l’amministrazione comunale elabori un progetto per la partecipazione urbanistica, con obbiettivi chiari, precisa indicazione di tempi, luoghi, modalità, risorse e strumenti, un documento programmatico sottoscritto, anche, dagli urbanisti chiamati a ridisegnare la città.
Nel corso di esperienze precedenti, come Cisternino 2020, sono stati formati facilitatori giovani e preparati, e nel confronto aperto intorno a scelte urbanistiche sono emerse realtà importanti (oltre il nostro OTU): associazioni ambientaliste, comitati di cittadini, volontariato sociale, ma anche cittadini e cittadine singole, disponibili a mobilitarsi e a collaborare con le istituzioni.

PIANIFICAZIONE e PROCESSI PARTECIPATIVI
Nei processi partecipativi occorrerà distinguere tra chi partecipa a disegnare la propria città (cittadinanza attiva) e chi intende trarre vantaggi economici dalle trasformazioni territoriali (operatori economici).
Nessuno di noi intende mettere in discussione il principio del corretto esercizio di interessi privati, naturalmente nell’ambito delle regole e dei vincoli cogenti per tutti, purché non vengano fraintesi, confondendoli con l’interesse pubblico e non ledano i diritti della collettività.
E’ comunque essenziale individuare un luogo centrale (sul modello degli ateliers d’urbanistica parigini o dell’ Urban center) per raccogliere tutto il materiale esistente, prodotto e in corso di elaborazione, liberamente consultabile, per poter sempre sapere di che cosa realmente si stia discutendo. Un centro di questo tipo rimarrà funzionante anche dopo la redazione del piano, in modo da rendere continuativa ed efficace la partecipazione.
Bisogna, per pianificare, partire da un’idea, un modello di organizzazione sociale, da cui far discendere direttrici coerenti e rigorose, a partire dagli indirizzi generali della Regione e della Provincia sull’uso del territorio, sulle misure di salvaguardia, conservazione e sviluppo sostenibile, individuando a monte le strutture strategiche di area vasta intercomunale e interprovinciale.
Dopodiché si tratta di fotografare, attraverso un’opera di ricerca ed analisi, lo stato di fatto del nostro comune, indicare il fabbisogno di servizi, i segni di degrado e di scollamento sociale e ambientale, e proporre uno statuto dei luoghi, regole, vincoli e strumenti di realizzazione delle proposte, fino al dettaglio delle norme di attuazione.
E’ prevedibile che, nel corso del confronto, si formalizzino ipotesi e proposte anche in netto contrasto, che non debbono eludersi reciprocamente, ma essere oggetto di approfondimento, attraverso parametri condivisi, che definiscano i fattori di miglioramento e peggioramento della vita dei cittadini.
Dunque una delle prime questioni da affrontare insieme è quella delle categorie generali di valutazione per individuare benefici collettivi e costi sociali, perché da qui discendono correttamente le priorità di scelta.
L’OTU ha identificato alcune categorie di misurazione delle proposte di trasformazione urbana, alcuni indici di benessere ambientale, economico e sociale, e al contrario, di peggioramento delle condizioni di vita.
Ci sembrano elementi di pubblico interesse il miglioramento dell’autosufficienza energetica, la riduzione di sprechi e consumi, l’aumento dell’uso delle risorse rinnovabili, la riduzione delle necessità di usare mezzi di trasporto individuali, l’aumento dell’offerta di trasporto collettivo pubblico e privato, l’aumento degli spazi culturali e di socializzazione, centri civici, strutture per attività di tempo libero a scopo ludico e fuori mercato, l’aumento di edilizia pubblica.
Tra i costi sociali inaccettabili, abbiamo individuato lo spreco e consumo ulteriore di beni comuni, a partire dal territorio.
L’estensione di insediamenti già ora ipertrofici, ipermercati e terziario avanzato, produce rifiuti in quantità non compatibile con tempi, modi e strumenti di smaltimento, aggravano i problemi di traffico privato e commerciale, a carico della collettività: occorre perciò che sia regolato con apposite normative e convenzioni, che garantiscano l’interesse comune (compresa la compatibilità con il sistema storico commerciale del centro).
Bisognerebbe selezionare, tra le richieste di insediamenti produttivi le proposte che garantiscano lavoro buono e stabile, produzioni compatibili con gli obbiettivi di sviluppo sostenibile, favorendo il pieno utilizzo delle strutture esistenti, in cui è cessata o mai iniziata l’attività.
In ogni caso occorre impedire l’insediamento di strutture nuove e rinnovate che non siano progettate con criteri di autosufficienza energetica e sistemi di raccolta delle acque piovane, o che comportino riduzioni del sistema del verde pubblico e privato concentrato e diffuso.

STRUMENTI PARTECIPATIVI
Prediamo in esame i metodi utilizzati in Italia: Agenda 21, gli ateliers d’urbanisme, gli open space , i laboratori, le mappe di comunità e i “ cantieri di urbanistica partecipata”, già sperimentati in alcuni comuni.
Probabilmente integrando questi metodi, di cui esiste una ampia e ricca documentazione teorico-pratica, si potrebbero ottenere risultati soddisfacenti.
Ad esempio, l’Agenda 21, con quesiti opportunamente ragionati, potrebbe assolvere alla prima fase di evidenziazione delle problematiche: indagine sulla carenza dei servizi di quartieri, dagli asili ai centri sociali, dai negozi e strutture commerciali di vicinato, al sistema sanitario diffuso etc.
Si potrebbero nella stesa Agenda 21 raccogliere le critiche dei cittadini riguardo al traffico, alle carenze del trasporto pubblico, i timori per la vicinanza di antenne tralicci, ripetitori o altri insediamenti inquinanti, le proteste per l’eccessiva rumorosità notturna o viceversa la desertificazione eccessiva.
Oltre a questo, un uso ben progettato e pubblicizzato dei percorsi partecipativi, potrebbero stimolare la curiosità e il successo di “pubblico”. Pensiamo alla proposta di passeggiate guidate nel sistema di verde diffuso e concentrato, in città, e dalle colline al mare, per individuare insieme possibilità di riconnessione, superando le molte fratture create con eccessi di cementificazione prodotti da una “modernità” di breve durata.
Altrettanto importante predisporre un progetto di percorsi nei luoghi storici, per fornire ai cittadini una guida di lettura della stratificazione nel tempo della città, per recuperare memoria e individuare le strutture testimoniali più significative per l’intera collettività, dal sistema delle mura e dei fossi, alle ville urbane e suburbane, alla vecchie Terme del Corallo, ect.
I laboratori o “cantieri” possono essere i luoghi in cui i cittadini e le cittadine avanzano proposte,le confrontano, le verificano.
Della necessità di poter consultare la documentazione in assoluta trasparenza e in tempo reale, abbiamo già parlato: questo è l’elemento imprescindibile per ogni processo partecipativo.
Senza di questo mancano i presupposti stessi per qualsiasi ipotesi partecipativa. Nella ex Casa della Cultura potrebbe essere ospitato l’atelier d’urbanistica dei livornesi, a buon coronamento delle molte aspettative create con CISTERNINO 2020.
L’OPEN SPACE potrebbe essere lo strumento idoneo per discutere il modello di città proposto dall’Amministrazione Comunale, e per individuare, ampliare e approfondire l’esame dei parametri di “misurazione” degli effetti prodotti dai nuovi insediamenti o dal cambio di destinazione d’uso di aree centrali e periferiche già costruite.
Tuttavia più che la scelta di un metodo piuttosto di un altro e la sua corretta applicazione, conta la volontà politica di costruire davvero partecipazione, e la credibilità del Sindaco di rispettarne gli esiti.
Anche la fase informativa è centrale, quindi importante la collaborazione dei media locali, l’uso di manifesti e/o pannelli elettronici, ben visibili e concentrati nei luoghi frequentati dai cittadini.

CONCLUSIONI
Il nostro obbiettivo è progettare insieme una città sana, trasformata nel rispetto dell’ecologia, della sua storia, della sua vocazione, della conservazione e la cura dei beni comuni, dell’uso attento e rigoroso delle risorse, della riduzione degli sprechi; una città sociale, luogo pubblico democratico, con servizi moderni includenti ben distribuiti, centri civici, culturali e sociali, abitazioni a costi sostenibili ed edilizia pubblica diffusa.
Il controllo della gestione del piano, la trasparenza dei dati delle parti eseguite, che consenta a tutti di verificare l’attuazione conforme del PRG, è altrettanto importante: se venissero stravolte le destinazioni d’uso e le quantità di superficie prevista, i processi di pianificazione partecipati sarebbero stati inutili.
Pensiamo di non essere soli in questo impegno, e di trovare sostegno dalla parte migliore della cittadinanza attiva: per fare questo basta iscriversi al nostro blog e comunicare con noi (sarebbe auspicabile convocare un incontro pubblico aperto per fine febbraio- inizio marzo).

LIVORNO 2 FEBBRAIO 2011