mercoledì 8 dicembre 2010

Dopo il referendum del 28 novembre

È esperienza di ciascuno/a di noi essersi trovati, almeno una volta, a confrontarsi con qualcuno che, invece di stare sul terreno del confronto, parla d’altro. Così spesso ci siamo sentiti come Osservatorio Trasformazioni Urbane in questi mesi di dibattito sulla localizzazione del “nuovo ospedale”. Appunto di localizzazione parlavamo come O.T.U., criticando le scelta dell’area di Montenero basso, nel merito e nel metodo adottato per la sua individuazione.
Eravamo e siamo ancora molto preoccupati del fatto che a Livorno si compiano scelte di intervento sul tessuto urbano al di fuori di un chiaro e partecipato disegno urbanistico. Nel caso del “nuovo ospedale” non si tratta soltanto di un intervento “pesante” in una zona delicata del territorio, tra l’altro senza alcuna garanzia di disporre di risorse sufficienti per le infrastrutture viarie, si tratta anche di ipotecare il futuro di aree ed edifici di pregio, come l’area di viale Alfieri e la villa Rodocanacchi, la cui vendita sul mercato è indispensabile per recuperare parte delle risorse necessarie per la costruzione di un nuovo presidio ospedaliero. E si tratta di una vendita di patrimonio pubblico che, per essere appetibile sul mercato, dovrà essere “valorizzato”, cioè avere una destinazione urbanistica che renda l’investimento, per i privati, “conveniente”.
Abbiamo qualche dubbio sul fatto che una operazione di questo tipo possa ascriversi al “..concetto di utilizzare le opere pubbliche come movimentazione dell’economia cittadina” ( A. Cosimi: Intervento sui risultati del referendum).
Di fronte a queste preoccupazioni ci è stato più volte risposto che la posta in gioco è una sanità più moderna ed efficace, come se la qualità delle prestazioni dipendesse quasi esclusivamente dal contenitore entro cui si svolgono e come se chi è contrario alla localizzazione deliberata dalla amministrazione comunale non avesse a cuore la salute ed il benessere degli abitanti di questa città.
Non è così: pensiamo che per rispondere ad una giusta esigenza non ci sia una unica strada, quella individuata dalla Amministrazione e pensiamo anche che quando si assumono scelte caricandole dei caratteri di “emergenza” non si fa mai una operazione di respiro lungo, capace di guardare al di là del qui e ora.
Prendiamo atto con piacere che il Sindaco ha riconosciuto la necessità di individuare nuove forme di partecipazione. E tuttavia, proprio per la difficoltà di comunicazione già registrata, pensiamo si debba anche esplicitare il significato che si attribuisce al termine partecipazione.
Una qualche perplessità ci è sorta quando abbiamo ascoltato dal Sindaco una interpretazione del fenomeno astensione come “mandato di governare il problema all’Amministrazione comunale”: forse sui temi del rapporto governanti/governati, eletti/elettori/ ,democrazia rappresentativa/democrazia reale, affezione/disaffezione al voto sarebbe necessaria una analisi un pochino più raffinata. Ed ancora un’altra perplessità è sorta in noi quando , sempre il Sindaco, parlando dei ventimila cittadini che hanno votato per una diversa localizzazione ha affermato di ritenere “che sia giusto e normale avere un’interlocuzione, cercare di convincere tutti..” della bontà della scelta della Amministrazione.
Ma un confronto fertile non è quello in cui un interlocutore convince l’altro, bensì quello in cui si ha la capacità di individuare una terza via. Questo lo insegnano i veri professionisti della partecipazione, cioè coloro che hanno saperi e competenze per operare come facilitatori dei processi partecipativi.

Osservatorio Trasformazioni Urbane

CHI HA PERSO IL REFERENDUM SULLA LOCALIZZAZIONE

di Leonardo Bertelli

Dobbiamo essere grati ai 28.317 cittadini livornesi (giovani, anziani, stranieri) che il 28 novembre si sono recati nei seggi a votare, superando difficoltà di reperimento dei seggi stessi, notizie contraddittorie dell'ultima ora nonché il maltempo.
Essi costituiscono la base democratica e consapevole della cittadinanza su cui costruire il futuro attivo e partecipativo di una città che si è dimostrata, in larga parte, indifferente e rinunciataria a fronte di problemi di ambiente e assetto territoriale che devono interessare tutti nello stesso modo.
Dobbiamo farci carico noi, che abbiamo sostenuto il referendum, strumento ultimo a cui costretti a rivolgerci, per una mancata discussione e partecipazione in forme diverse, di non essere riusciti a far capire l'importanza dell'occasione referendaria ed i motivi per difendere con il voto le ragioni del si o del no in modo evidente e costruttivo.
Ancora una volta, ed anche questo è preoccupante per le sorti del sistema democratico in cui viviamo, i partiti, i sindacati, le associazioni che si sono schierate da una parte o dall'altra, non hanno avuto alcuna influenza sugli elettori e sono, ritengo, gli unici che escono sconfitti sonoramente dal referendum.
Il Sindaco ed i consiglieri comunali, tutti rappresentanti delle forze politiche che li hanno designati all'incarico, prendano atto della sconfitta, sconfitta della democrazia, e smettano, gli uni, di esaltarsi in una vittoria (?) che non c'è stata gli altri di tentare di giustificare una sconfitta (?) poco onorevole per tutti.
Solo piaggeria e “captazio benevolentiae” (in livornese ruffianeria e leccaculismo) può far dichiarare al Sindaco che sono “normali” coloro che non hanno votato, proprio lui che nel suo programma di governo aveva dichiarato di volere :
“.....superamento di una visione gerarchica..., idea della partecipazione come motore di cambiamento..., i cittadini non più solo destinatari delle azioni di governo, ma essi stessi azioni di governo..., la partecipazione si evolve a strumento per costruire e mantenere i legami sociali, per riaffermare e difendere una visione comunitaria del territorio...., Livorno “città della partecipazione”.
I cittadini che hanno votato, che hanno esercitato la loro sovranità popolare, sono i soli vincitori del confronto referendario, non intendono essere professionisti della partecipazione, compito che lasciano, pro tempore, al Sindaco, ai consiglieri comunali, ai dirigenti sindacali e delle associazioni, e rimangono in vigile attesa delle conseguenze del loro voto e delle successive occasioni di confronto a partire dal nuovo strumento urbanistico della città.